il caso Cinzia Bellucci  
"uccisa" a 36 anni in ospedale con una cura sperimentale a sua insaputa.

La Storia 

Il caso Cinzia Bellucci: RACCONTATE DAL MARITO TUTTE LE TAPPE DELLA VICENDA

Ecco la storia, così come ce la racconta Giovanni Sottani.
 

"Vorrei raccontarvi brevemente la vicenda di Cinzia Bellucci, Comandante della Polizia municipale di Scandicci.
Una mattina ai primi di novembre del 1990, insieme ad altri vigili donatori, Cinzia decise di recarsi all'ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze per donare sangue.
L'idea di donare sangue è sempre stata per Cinzia quasi un sogno. Prima della donazione una dottoressa, vedendola pallida, le fece fare alcuni esami di accertamento.
Dopo sei o sette giorni mi raccontò che, quando un vigile era stato a ritirare le risposte di questi esami, non gli avevano voluto consegnare i suoi risultati, perché i sanitari volevano che facesse ulteriori controlli, avendole riscontrato 2 milioni e mezzo di globuli rossi.
Comunque Cinzia stava bene, non accusava nessun malessere. Dopo una decina di giorni, viene chiamata dalla dottoressa che, premettendo di non allarmarsi, consigliava ulteriori accertamenti sanitari.
 

A quel punto, siccome io lavoro da 24 anni in laboratorio a Careggi, le proposi di andare a Careggi; andammo e, presso il laboratorio centralizzato di San Luca, facemmo un emocromo.
Vennero fuori 2 milioni e mezzo di globuli rossi. La portai immediatamente all'ambulatorio ematologico diretto dal professor Rossi Ferrini.
Fu visitata dal dott. Grossi che non le riscontrò niente e le prescrisse ulteriori analisi, che facemmo esternamente, senza ricoverarla.
L'aspirato midollare rivelò una situazione non normale, ma neppure, come ci dissero i sanitari, allarmante. Le prescrissero un altro aspirato midollare da fare il mese dopo.
 

Sembrava addirittura che la situazione fosse migliorata. Chiaramente a livello psicologico Cinzia ne aveva risentito, come penso chiunque.
Parlammo ancora con i medici del reparto di ematologia di Careggi, ci rassicurarono e ipotizzarono anche che forse un giorno il midollo sarebbe ripartito da solo e che nessuno mai avrebbe saputo cosa era accaduto.
Passammo Natale da sua madre, Santo Stefano dalla mia, e per l'ultimo dell'anno andammo a Prato da amici. Era un po' stanca, ma stava bene. Aveva solo i piedi gonfi.
Due giorni dopo la rivisitò il dott. Grossi che la rassicurò: dai risultati i cromosomi risultavano intatti, mentre si spezzano in presenza di leucemia.
Dopo qualche giorno furono fatti altri esami. Mentre stavo aspettando Cinzia sottoposta ad ecografia - arrivò il dott. Grossi che, con i risultati degli esami, mi disse che la malattia era arrivata: era leucemia.
 

Lo disse a Cinzia. Era venerdì 11 gennaio del '91. Cinzia fu ricoverata presso la clinica ematologica di Careggi diretta dal prof. Pierluigi Rossi Ferrini.
Quel giorno siamo stati insieme fino alla sera; in pratica è stato uno degli ultimi momenti che abbiamo potuto trascorrere insieme. Era piuttosto tranquilla, anzi mi sembrava più rilassata, fumammo, scherzammo, mi disse che, ora che sapevano di che malattia si trattava, l'avrebbero curata meglio.
 

Di lì a qualche giorno Cinzia iniziò la cura chemioterapica che consisteva in un apparecchietto che le mettevano al polso per sette giorni e sette notti.
Mi spiegarono che, trascorso questo periodo, si sarebbe verificata un'aplasia midollare, che è il periodo più pericoloso perché, avendo i globuli bianchi ridotti al minimo, c'era il rischio di infezioni e di emorragie.
Successivamente, quando il midollo riparte, vengono fatte ulteriori analisi per vedere se c'è stata una remissione completa della malattia. In caso positivo, cosa abbastanza rara, mi rassicurarono, si prosegue con un ciclo di mantenimento, altrimenti va ripetuta la chemioterapia.
 

La terapia procedette bene, senza problemi, salvo il 28 quando l'emocromo risultava di 5000 piastrine. Non avendo provveduto ad una trasfusione delle piastrine, il 29 (quando di guardia era la dott.sa Ciolli) presentò un leggero sanguinamento dal naso e dalla vagina.
 

Finita l'aplasia, le fu fatto un aspirato midollare e ci comunicarono che si trattava di remissione completa della malattia. Era il 12 febbraio del '91.
 

Vi potete immaginare la gioia e la contentezza di tutti. A quel punto doveva iniziare il ciclo di mantenimento che consisteva, mi spiegò il dott. Leoni, un medico del reparto, nella somministrazione degli stessi farmaci ad un dosaggio più elevato.
Questo poteva comportare un'intossicazione del fegato e dei fastidi agli occhi. E qui, purtroppo, iniziarono i guai.
 

Convinto che fossero gli stessi farmaci non immaginavo che gliene somministrassero uno nuovo, e neppure Cinzia lo sapeva.
Lei era un po' preoccupata da questo ciclo di mantenimento, soprattutto per la paura delle emorragie interne. Solo a ciclo iniziato sono venuto a conoscenza che la cura consisteva in 6 giorni di ARA-C, un farmaco usato di solito in questo tipo di patologie, mentre gli ultimi tre giorni, contemporaneamente, le somministrarono un medicinale francese non registrato in Italia, a base di Amsidina.
 

In questi giorni Cinzia accusava un po' di tosse e un po' di raffreddore, inoltre le era venuto un rush cutaneo, le pelle si era arrossata in tutto il corpo e aveva prurito. Il medico confermò che si trattava di una conseguenza dell'ARA-C, e che non c'era da preoccuparsi.  Non fu dato alcun peso a questi sintomi.
 

Il 19 febbraio all'esame del mattino - e riportato in cartella - risulta "dolore toraceo con modesti sfregamenti pleurici", ma, sempre dalla cartella, non risulta alcuna terapia antibiotica.
 

Nei giorni successivi subentrò una congiuntivite agli occhi che le procurò due giorni di cecità completa, non ci vedeva più. Era molto depressa per questo e piangeva spesso.  Incontrando il dott. Leoni chiesi se mi autorizzavano a stare con lei oltre il tempo delle visite, ma il Dottore - con un sorriso sarcastico - mi disse che probabilmente io scambiavo lacrime di dolore con lacrime di gioia, e, ancora, che non esisteva alcun motivo che giustificasse la mia presenza.
 

Nel caso di necessità mi avrebbero avvisato loro. Il 25 c'è stato l'abbattimento dei parametri ematici, che ha provocato a Cinzia un collasso. Cosa che non risulta dalla cartella clinica.
 

Il 26 - riportato in cartella - si legge "rumori modesti alla base destra, reperto bronchitio diffuso. Tosse", il che era un aggravamento rispetto al 19. Anche in questo caso non risulta nessuna cura antibiotica, nè richiesta di radiografia al torace.
 

Il 28 alla quotidiana visita del mattino era presente anche il prof. Rossi Ferrini, il quale le disse che tutto stava andando per il meglio (bontà sua!) e che non avrebbe avuto neppure bisogno di alcun tipo di trapianto.
 

Bastarono queste parole per farle dimenticare tutti i suoi malesseri e quando arrivai mi consigliò di andare a parlare direttamente col professore perché, dalla contentezza, aveva paura di non ricordare con precisione.
 

Andai di corsa a parlargli insieme con mia sorella. Il professore senza mai guardarci negli occhi (teneva il gomito sul tavolo e la cartella clinica in mano) disse, se tutto andava bene, quando il midollo sarebbe ripartito, Cinzia poteva considerarsi guarita.
 

"Però - continuava a ripetere, senza che ne capissimo la ragione - questo farmaco francese è tremendo, tremendo". Non sapevo quali domande fargli, avevo paura, devo dire la verità, di qualche risposta non buona.
Ce ne andammo con l'idea che, al momento in cui il midollo fosse ripartito non ci sarebbe stato bisogno di trapianto, perché, come sottolineò il Professore, tra la cura chemioterapica eseguita e il trapianto c'era una minima differenza di intensità, pari al 10/15%. Cinzia era molto contenta.
 

Il 2 marzo aspettavo, come d'accordo una sua telefonata che non arrivò. Mi vestii immediatamente e andai in ospedale, ma non mi fecero entrare fino all'ora del passo.  Mi dissero che aveva la febbre molto alta (riscontrata nella notte tra l'1 e il 2) e che non riuscivano ad abbassargliela. Il dott. Leoni pensava fosse un'infezione urinaria.
 

Verso sera Cinzia cominciò a lamentare anche un dolore pleurico che si intensificava, tanto che durante la notte furono costretti a chiamare l'intervento del medico di guardia, dott. Vannucchi, che, diagnosticando una broncopolmonite, immediatamente (erano circa le 4 del mattino del 3 marzo) fece domanda di una radiografia al torace, ma la richiesta arrivò in radiologia solo alle 9 del mattino e fu eseguita alle 13, 30.
 

Alle 14, ritirato da me personalmente, il responso confermava che si trattava di broncopolmonite. La mattina del 3 marzo, era in servizio la dott.sa Ciolli, un altro medico del reparto, che la visitò alle 11, 30 circa, con difficoltà come lei stessa mi spiegò, perché Cinzia era impedita nei movimenti, a causa dei dolori, ma che, comunque, lei non aveva riscontrato nulla.
Incontrandola alle 14, 30 mi rassicurò. Le chiesi se ci fosse pericolo di vita e lei mi disse che stavamo camminando su scale di vetro, dato che Cinzia era un'immunodepressa, ma che niente lasciava supporre il peggio.
 

Da quel momento fino alle 00, 5 del 4 marzo, periodo nel quale Cinzia non è mai stata lasciata sola, la dott.sa Ciolli non si è mai presentata, tranne verso le 18 quando fece un cenno dalla porta, per dire a mia sorella che non era necessario rimanere nella stanza.
 

Alle 19 incontrando la dott.sa Ciolli nel corridoio le dissi che volevo passare la notte con Cinzia, ma lei continuava a ripetere sia a me che a mia sorella, che non c'era nessun motivo perché qualcuno rimanesse lì per la notte.
Mi consentirono di rimanere fino alle 23, 30.
 

Verso le 22, 30 venne l'infermiere per somministrarle il Cardiostenol, un farmaco a base di morfina e atropina. Pensavo che Cinzia stesse dormendo perciò chiesi se fosse proprio necessario iniettarglielo.
Mi disse di no. Non conoscevo gli effetti della morfina, ma mi dava fastidio la parola stessa, non mi andava che assumesse una droga.
 

Feci presente che preferivo che non gliela somministrassero, ma in quel momento intervenne Cinzia approvando.
L'infermiere procedette e poco dopo la morfina agì attenuandole il dolore. E mi mandarono via dal reparto.
 

Alle 1, 30 circa mi svegliai in un bagno di sudore e col pensiero che Cinzia fosse morta, ma cercai di calmarmi col fatto che nessuno mi aveva avvisato dall'ospedale.
Ritornai a letto, ma alle 1, 50 il telefono suonò. Senza dire neppure pronto, dissi solo: "Cinzia è morta vero?". L'infermiera mi rispose: "Corri, vieni subito!".
Mi vestii e di corsa andai a Careggi. Arrivai all'ospedale verso le 2, 15. Fu lì che l'infermiera mi comunicò che Cinzia era morta.
 

Andai a vederla e stetti un po' con lei, poi avvertii i parenti, i quali arrivarono tutti entro le 3.
Nel frattempo incontrai, sempre nel corridoio, la dott.sa Ciolli che mi disse: "Mi dispiace, non me lo sarei mai aspettato".
 

Ci trattenemmo un po' lì e poi tornammo a casa, anche per portare via mia madre. Ma mi stavo convincendo che qualcosa non era andato per il verso giusto.
 

Il 27 di marzo, con mia cognata e i due vice-comandanti della Polizia Municipale di Scandicci, andammo a parlare con il prof. Rossi Ferrini.
Volli che fossero presenti anche il dott. Leoni e la dott. Ciolli.
Ci fu qualche discussione.
Contestai diversi fatti che erano accaduti, chiesi il perché di molte cose.
Non ricevetti nessun chiarimento e, anzi, mi sembrò che i medici cadessero spesso in contraddizione.
 

Una delle contestazioni riguardava il fatto che era stata lasciata per due giorni senza piastrine. La risposta del Leoni fu che mi sbagliavo perché non risultava nulla in cartella.
 

Invece, in seguito ad una ricerca nel Laboratorio di analisi, trovai la copia dell'emocromo che confermava quanto da me asserito.
Però quando mi consegnarono la copia della cartella, questo esame era stato inserito.
Alla mia domanda sulla morfina come causa di morte il dott. Leoni mi rispose che tra l'ora di esecuzione e l'ora della morte era intercorso troppo tempo, sufficiente per smaltire l'effetto.
Quindi nessuna relazione con il decesso.
 

Altro contrasto fu la visita che il dott. Leoni assicurava di aver fatto - benché fuori servizio - il 3 marzo alle ore 15 circa, mentre non era vero perché a quell'ora io ero presente in camera.
 

Sono stato liquidato con la banale frase: "Se vuole avere ragione lei, se la prenda".
Mentre la dott.sa Ciolli giustificava il suo mancato controllo a causa dell'elevato numero di pazienti che aveva da seguire. Tanto che uno dei vice-comandanti intervenne facendo presente che, probabilmente, non tutti i degenti erano nelle condizioni di Cinzia.
 

Il prof. Rossi Ferrini chiese al dott. Leoni come mai era presente in ospedale quel giorno; rispose la dott. Ciolli dicendo che dovevano svolgere insieme del lavoro in arretrato.
Allora mi chiedo che se c'era il tempo per pensare al lavoro arretrato si poteva anche trovare per visitare Cinzia.
 

Fu durante questo incontro che il dott. Leoni mi comunicò la risposta dell'autopsia: la causa della morte era dovuta a broncopolmonite ed edema polmonare acuto.
 

Nei giorni seguenti esposi i miei dubbi al dr. Nannucci, procuratore capo della Procura che mi consigliò di metterli tutti per scritto. E così feci.
Il caso fu affidato al sostituto procuratore dr. Grassi che incaricò della consulenza tecnica il prof. Maurri.
 

Sulla scorta di questa consulenza tecnica il dr. Grassi chiese l'archiviazione. Rimasi veramente stupito nel verificare che uno stimato professionista come il prof. Maurri potesse redigere una consulenza tecnica confondendo il peso corporeo con le piastrine; riconoscendo una ricaduta della malattia nello stesso momento in cui i medici del reparto ne diagnosticavano la remissione completa.
 

Oppure rilevando che il ritardo tra la richiesta e l'esecuzione della radiografia toracica era di qualche ora e, quindi, non apprezzabile.
Ma quale cartella clinica ha letto per non accorgersi che il ritardo era di ben 13 giorni? Addirittura adducendo che tanto prima o poi sarebbe arrivata a morte certa.
Che vuol dire prima o poi? Sulla base del prima e del poi, tocca anche a lui!
 

A quel punto è iniziata la mia odissea per la ricerca di consulenti tecnici di parte, ma a Firenze - ogni volta che trovavo un medico disponibile - bastava pronunciassi il nome del prof. Rossi Ferrini per farlo desistere.
Casualmente nel gennaio '92 ho conosciuto il dott. Lex che, dopo aver verificato la cartella clinica ha accettato l'incarico svolgendo la perizia.
Questa è tutta l'opposto di quella del prof. Maurri.
Ciononostante non fu accettata dal Tribunale e venne confermata l'archiviazione.
 

Il 22 luglio del '92 mi sono rivolto alla dott.sa Cosentino perché prendesse visione degli atti, al fine di verificare le perizie redatte dal prof. Maurri e dal prof. Lex.
 

In data 29 luglio '92, il dr. Nannucci in persona mi rigetta l'istanza della riapertura delle indagini perché non sussistono ragioni apprezzabili.
Come è possibile vista la differenza delle relazioni, e in tempi così ristretti rispetto alle note lungaggini burocratiche? A questo punto mi fu consigliato di rivolgermi alla Procura presso il Tribunale per verificare l'ora della morte del decesso.
 

Lo feci e se ne occupò il dr. Bocciolini. Nel frattempo ero riuscito ad entrare in contatto con un noto ematologo di Roma, il dott. Nicoletti, un medico legale di Padova, il dott. Ciraso e con il broncopneumologo di Verona, dott. Masotti e tutti mi hanno redatto delle consulenze tecniche simili a quella del dott. Lex.
 

Tutte erano all'opposto di quella del dr. Maurri. Nelle conclusioni finali del dott. Ciraso si legge proprio
"(...) La sig.ra Bellucci pur portatrice di grave patologia neoplastica aveva notevoli possibilità di sopravvivenza qualora fosse stato eseguito il trattamento profilattico e terapeutico adeguato.
Nel caso di specie non fu attuato alcun trattamento profilattico e di trattamento antibiotico contro l'infezione polmonare, venne attuato soltanto in epoca tardiva ed ormai insufficiente.
Nell'operato dei sanitari che ebbero in cura la Sig. ra Bellucci emerge chiaramente imprudenza, negligenza ed imperizia".
 

Il dr. Bocciolini incaricò nuovamente il dr. Maurri per una nuova perizia, alla mia opposizione sull'incarico a Maurri mi disse che avrei dovuto fidarmi.
Il risultato della nuova perizia confermava quanto riscontrato precedentemente dal dr. Maurri: che la morfina non aveva inciso sulle cause della morte in quanto ne era stata somministrata una sola.
Visto il tempo intercorso, la seconda sarebbe dovuta essere somministrata da morta!
 

In base a questa nuova relazione è nuovamente richiesta l'archiviazione. Accettata dal Gip che nelle sue motivazioni si preoccupa anche di giustificare l'operato della dott. Ciolli.
Il che è in netto contrasto con quanto da lei stessa dichiarato e riscontrabile nei verbali di interrogatorio.
 

Nel dicembre '95, dopo varie discussioni, riesco ad ottenere dal prof. Taddei anatomo-patologo i vetrini istologici relativi all'autopsia di Cinzia che ho inviato al dott. Ciraso, il quale ne ha dedotto che "(...) facendo seguito alla sua richiesta le confermo che dall'esame dei preparati istologici da lei datemi in visione non emerge alcun quadro di patologia a carico dei polmoni, in particolare non sono apprezzabili nè focolai broncopolmonari, nè edema polmonare".
 

Allibito da questa risposta ho sottoposto al dott. Testoni di Bologna i referti istopatologici sia dell'autopsia del prof. Taddei che del dott. Ciraso e ho ricevuto questa risposta: "Non c'è dubbio, se i suddetti referti si riferiscono ai medesimi preparati istologici, che esiste una sostanziale discrepanza di giudizio diagnostico fra gli esaminatori".
 

Non c'è dubbio che sulla morte di mia moglie vi sono molti punti oscuri.
 

Riassumendo:
a Cinzia è stato somministrato un farmaco francese che ancora in Italia non è registrato, senza il consenso informato suo o dei parenti.
Le è stata fatta una radiografia con 13 giorni di ritardo rispetto alla prima comparsa di sintomi che potevano far pensare ad una infezione respiratoria, quando ormai la situazione era disperata.
Le è stata somministrata la morfina senza un adeguato controllo medico, ignorando che può deprimere i centri respiratori.
E' stata proseguita la terapia a base di ARA-C e Amsidine nonostante avesse una broncopolmonite, mentre è noto che questi farmaci possono provocare danni polmonari.
Manca la chiarezza sull'ora della morte.
 

Su questi dubbi mi pongo molte domande e chiedo al prof. Rossi Ferrini: cos'è veramente successo a mia moglie? Cosa succede nel suo reparto che non deve emergere? I flaconi di Amsidine come sono giunti nel reparto, visto che dalla farmacia mi riferirono che non esistevano richieste specifiche? Forse si preoccupa più della difesa della propria immagine che del suo reparto e dei pazienti?
 

Al prof. Taddei chiedo: sono giusti i vetrini istologici che mi ha consegnato? E se sono giusti perché questa discrepanza con il giudizio del dott. Ciraso?
 

Nel 1998, grazie all’interessamento del dott.Deidda, il caso viene affidato al P.M.dott.ssa Piras, la quale finalmente affida una nuova C.T.e per la prima volta ad un professionista ne di Firenze ne toscano, al prof. La Fisca di Venezia.
 

Nel frattempo il fascicolo passa al P.M. dott.Prodomo, il quale sulla risultanza della C.T. chiede il rinvio a giudizio per il prof.Rossi Ferrini e per il dott. Leoni.
 

Il 6 novembre del 2001 all’udienza preliminare il G.I.P. dott. Magnelli, sentenzia che a causa di indagini male eseguite ed in mancanza di una autopsia giudiziaria, non è possibile, a distanza di tanti anni, risalire con certezza alla causa di morte, nonostante che il prof.La Fisca nella sua C.T. asserisca che esiste un nesso causale tra il farmaco sperimentale ed il decesso.
 

Prosegue il dott. Magnelli, ”quel che neanche in dibattimento è possibile ormai verificare è l’esame istologico degli organi principali, giacchè non avendo il P.M. provveduto ab initio all’esame autoptico, il materiale d’esame è esclusivamente costituito dalle indagini svolte in sede di verifica ospedaliera delle cause della morte, materiale che non consente di individuare con ragionevole certezza le cause della morte.
 

”La causa penale si esaurisce così dopo 10 anni ed 8 mesi circa dal decesso.Il 18 maggio 1991 il prof. Rossi Ferrini, invia in procura “con riferimento all’ordine di esibizione e consegna della cartella clinica della defunta Bellucci Cinzia, invio l’originale del referto di autopsia, NELLA SPERANZA DI POTER FORNIRE ULTERIORI ELEMENTI DI VALUTAZIONE DEL CASO.” Protocollata in procura il 23 maggio 1991.
 

Da allora l’autopsia ha sempre avuto una sua valenza, 10 anni dopo no!
 

Nell’autopsia il prof. Taddei parla anche di sfiancamento globale del cuore. Anche ove il G.I.P. dott. Magnelli, asserisce che non è possibile verificare l’esame istologico degli organi principali, è giusto precisare che l’anatomo patologo prof. Taddei in un supplemento di perizia asserisce:
 

”la revisione istopatologica dei preparati di frammenti prelevati dai seguenti organi, encefalo, polmone, cuore, linfonodi mediastinici, fegato, pancreas, rene, milza, corpo uterino, ovaio, tratti durante l’esecuzione del riscontro diagnostico effettuato sulla sig.ra Bellucci Cinzia, di anni 36, in data 5 marzo 1991, non ha documentato cellule leucemiche, si precisa inoltre che il processo polmonitico indicato nel referto autopsico, si riferisce essenzialmente ad una valutazione macroscopica e che TROVA CONFERMA NEI PREPARATI ISTOLOGICI, ove è presente una infiltrazione prevalentemente endoalveolare di elementi linfomonocitoidi e polimorfonucleati, sono altresì ben documentabili in vari organi diffuse microtrombosi vascolari.”
 

Quindi esisteva una documentazione sugli esami istologici, ma purtroppo quando veramente doveva servire NON ERANO PIU ATTENDIBILI.
 

Ma su questi preparati istologici c’è purtroppo un fatto stranissimo che purtroppo ancora non sono riuscito a capire e a cui nessun giudice ha dato peso, il fatto è questo, ho fatto visionare al dott.Ciraso di Padova i VETRINI DEI PREPARATI ISTOLOGICI, il quale conclude ”DALL’ESAME DEI PREPARATI ISTOLOGICI DATIMI IN VISIONE NON EMERGE ALCUN QUADRO DI PATOLOGIA A CARICO DEI POLMONI; IN PARTICOLARE NON SONO APPREZZABILI NE FOCOLAI BRONCOPOLMONARI NE EDEMA POLMONARE”.
 

Quindi appare ancora più evidente, per me, ma non per i giudici, che il decesso di Cinzia è stato causato dalla terapia con FARMACO SPERIMENTALE.
 

Inoltre, nonostante le innumerevoli inesattezze, è sempre stato dato un gran peso alle consulenze del prof. Maurri , nessuna, a quelle dei miei periti che dicevano l’opposto.
 

GIUDICATE VOI!
 

Era la prima volta che mi rivolgevo alla magistratura fiorentina, perché volevo arrivare a capire questo assurdo decesso avvenuto in soli 50 giorni, tanti, molti hanno capito, gli unici a non voler capire, o a far finta di non capire, sono stati alcuni magistrati.
 

Ho trovato un grande ostracismo nel dott. NANNUCCI e nel dott. GRASSI, che sono stati i miei più grandi ”NEMICI” nel volermi ostacolare nell’arrivare alla verità.
Il dott. Grassi ad un certo punto è uscito di scena, perché è passato ad altro ufficio, il dott. NANNUCCI, invece ha scelto di proseguire ad ostacolarmi alle varie richieste di nuove indagini!
 

Alla fine di tutto questo dispendio di tempo e di denaro, MIO, e DELLA COLLETTIVITA, ufficialmente, cara Cinzia, la magistratura non ha saputo ricostruire NE l’orario del decesso, NE la causa del decesso, e dulcis in fondo, l’AMSACRINE è sperimentale? Si o no!, nessuno ha risposto!

Per meglio comprendere tutta la storia sull'iter del penale,visto che ogni tanto qualcuno si vanta per l'assoluzione dei soggetti, allego alcuni documenti che sono serviti per portare all' assoluzione di questi!!!!????

Nel 2005 ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere causalmente due giovani legali:  l'avvocato Monica Caioli e l' avvocato Roberto Pellegrini, gli ho fatto vedere tutti gli atti in mio possesso,gli ho spiegato l' iter del penale ed insieme abbiamo deciso di iniziare una causa civile.Nel 2011 il magistrato incaricato della causa affida una c.t.al dr. De Trizio medico legale di Bologna,al quale consiglia di affiancarsi ad un EMATOLOGO. Il dr. De Trizio asserisce di aver contattato  4 ( QUATTRO ) ematologi,ma di aver ricevuto 4 (quattro) rifiuti ad una consulenza in ambito giudiziario,senza spiegare i motivi pratici di questi rifiuti.Quindi i miei legali si sono rivolti al giudice,questi ha convocato il dr. De Trizio e lo ha sollecitato ad avvalersi di un ematologo di sua fiducia altrimenti lo avrebbe nominato lui.Il dr. De Trizio ha quindi interpellato il PROF. MICHELE BACCARANI,tra l'altro PRESIDENTE DELLA SOCIETA' ITALIANA DI EMATOLOGIA,che ha accettato l'incarico.Siamo nel 2012,DOPO BEN 22 dicasi VENTIDUE anni finalmente una consulenza tecnica affidata ad un EMATOLOGO, il quale ha dichiarato:" LA CURA PRATICATA,NELLA FATTISPESCIE CICLO DI CURE PRATICATO PRIMA DEL DECESSO, FACEVA PARTE DI UN PROGRAMMA DI TERAPIA DELL' ORGANIZZAZIONE EUROPEA PER LA RICERCA DEL CANCRO (EORTC)
DISEGNATO ALLO SCOPO DI VERIFICARE SE UN CICLO DI CONSOLIDAMENTO DELLA REMISSIONE A BASE DI CITOSINA ARABINOSIDE E AMSACRINE POTEVA RISULTARE IN UN EFFETTO TERAPEUTICO MIGLIORE RISPETTO AD UN CICLO DI TERAPIA DI CONSOLIDAMENTO STANDARD:Quindi la cura era SPERIMENTALE.Questo risulta con chiarezza dai documenti ed è SUPPORTATO DALLA MIA ESPERIENZA PROFESSIONALE NELLA TERAPIA DELLE LEUCEMIE ACUTE E NELL' IMPIEGO DEI FARMACI IN QUESTIONE!"Inoltre prosegue (dando un colpo al cerchio ed una alla botte) di non ritenere il decesso a causa della terapia sperimentale,poichè la medesima complicazione avrebbe potuto verificarsi con la terapia standard ( questo forse l' ha visto nella sfera magica ),ma DURANTE O NEL SEGUITO DI UNA TERAPIA SPERIMENTALE!!!!!!!!!!!!!!!Ed ancora " Il decesso della sig.ra Cinzia Bellucci è avvenuto in corso di terapia di consolidamento per una leucemia mieloide acuta, NELLA FASE DI NEUTROPENIA SUCCESSIVA ALLA CHEMIO ANTIBLASTICA" Penso non ci sia niente da aggiungere, penso sia tutto PIU' CHE CHIARO!!Purtroppo come dicevo sono passati 22 anni spero che non debbano passarne altri 20 per avere GIUSTIZIA.Voglio ricordare che oltre a questa C.T. esisteva già un comunicato all'EORTC del dr. Leoni in cui comunicava l'interruzzione del protocollo CAUSA DECESSO PER ECCESSIVA TOSSICITA' DEI FARMACI,ripeto comunicato dal dr. LEONI all'EORTC.Adesso la difesa della controparte si basa sull'esito dell'iter del penale,guardandosi bene dall'evidenziare quello che dice il G.I.P. nella sentenza,e cercando di minare la mia credibilità sulla ricerca della verità,facciano loro seguendo quello che la loro coscienza gli suggerisce, NON MI IMPORTA! IO VADO AVANTI!!!Voglio comunque loro ricordare che dopo 22 anni ancora NON CONOSCIAMO L'ORA DEL DECESSO E SEMPRE NELLA CORRISPONDENZA DEL DR. LEONI CON L' EORTC LA DATA DEL DECESSO E' STATA POSTICIPATA DI 13 DICO TREDICI GIORNI SENZA CHE NESSUN GIUDICE LO CONTESTASSE!!!!!SI POTREBBE PURE PENSARE CHE E' STATA FALSATA LA SPERIMENTAZIONE!!!
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